Nei mesi scorsi, una serie di testimonianze e racconti ha riportato l’attenzione su un argomento spesso trascurato dalla ricerca ufficiale: la possibilità di una comunicazione telepatica tra genitori e figli autistici non verbali.
Il caso è esploso negli Stati Uniti grazie al documentario “The Telepathy Tapes” della regista Ky Dickens, che ha raccolto interviste con famiglie convinte di comunicare con i propri figli al di là delle parole. Molti di questi bambini non parlano, non scrivono e spesso non sembrano nemmeno rispondere agli stimoli esterni. Eppure, secondo i loro genitori, riescono a comunicare concetti complessi, emozioni profonde e pensieri articolati, attraverso mezzi non convenzionali.
L’articolo pubblicato su The Cut da Elizabeth Weil ha ricostruito la genesi del progetto, le reazioni della comunità scientifica e la tensione, a volte drammatica, tra il bisogno di validazione e la mancanza di prove secondo i criteri della psicologia accademica.
Molte di queste famiglie, frustrate dall’assenza di risposte concrete e da una visione spesso riduttiva dell’autismo, hanno cercato strade alternative: dalla comunicazione facilitata, alle pratiche intuitive, fino ad arrivare a veri e propri esperimenti telepatici, spesso autogestiti. Alcuni episodi raccontati nel documentario lasciano il segno: bambini che sembrano anticipare le domande dei genitori, frasi scritte su tablet da facilitatori che asseriscono di ricevere i messaggi mentalmente, sensazioni condivise a distanza.
Gli scettici parlano di illusioni, di bias cognitivi, di meccanismi di proiezione. Altri sottolineano l’importanza del rispetto per il vissuto dei genitori e invitano a non liquidare con sufficienza esperienze che, pur difficili da replicare in laboratorio, sono percepite come reali da chi le vive.
La questione, come spesso accade, resta aperta. Ma è proprio in queste zone d’ombra che, a mio avviso, si nasconde una parte importante della nostra comprensione umana: quando il linguaggio fallisce, eppure la comunicazione sembra avvenire comunque, cosa stiamo davvero osservando?
Non è solo una questione di parapsicologia. È una questione di ascolto, di relazione, e forse anche di coraggio nel guardare oltre i limiti delle nostre certezze.
Enzo Barone
«Ci sono molte buone ragioni per avere paura del buio.» - Fright Night, 1985