Articolo tratto dal sito ufficiale della National Library of Medicine. Tutti i diritti riservati.
Estratto
― David Deming, University of Oklahoma
Introduzione
Negli ultimi decenni si è diffuso l’aforisma “le affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie” (ECREE). È stato definito “un principio fondamentale dello scetticismo scientifico” (Voss et al. 2014: 893) e “un assioma del movimento scettico” (Goertzel e Goertzel 2015: 292). L’ECREE è spesso invocato per screditare la ricerca che si occupa di anomalie scientifiche o di qualsiasi affermazione che non rientra nel mainstream. L’affermazione è di solito fatta senza giustificazioni o spiegazioni, come se la semplice invocazione fosse sufficiente a soffocare il dibattito e a squalificare ogni legittima opposizione. Pulverer (2015: 2723) ha spiegato che “è giusto aspettarsi che determinati documenti che promulgano affermazioni straordinarie debbano essere basati sui più alti livelli di evidenza e debbano essere sottoposti a un livello straordinario di convalida”. L’ECREE è diventato così onnipresente che ci sono casi nella letteratura scientifica in cui è stato usato come titolo di un articolo pubblicato senza alcuna relazione apparente con il contenuto dell’articolo (Light e Warburton 2005; DeVorkin 2010; Hauser e Johnston 2011).
Sebbene le radici moderne dell’ECREE affondino nel contesto della discussione dei fenomeni paranormali (Sagan 1979), esso è stato utilizzato anche per screditare ipotesi scientifiche tradizionali. Nel 2007, un gruppo di geologi ha ipotizzato che un evento di impatto di una cometa o di un asteroide su larga scala in Nord America, 12,9 ka, abbia causato il raffreddamento del Dryas Giovane. Le prove di questo evento sono significative. Gli strati sedimentari risalenti a 12,9 ka contengono sferule di vetro e carbonio, sono arricchiti in iridio e presentano materiale carbonizzato compatibile con incendi diffusi (Dalton 2007). Nonostante l’esistenza di prove significative, Pinter e Ishman (2008) hanno definito l’ipotesi dell’impatto una “pretesa straordinaria” che richiede “prove straordinarie”. Hanno concluso che una seria considerazione delle “storie spettacolari” “consumerebbe il bene finito della credibilità scientifica” (Pinter e Ishman 2008: 38). Eppure la considerazione di teorie alternative non solo è consentita nella scienza, ma è parte integrante del processo scientifico stesso (Chamberlin 1890).
In altri casi, l’invocazione dell’ECREE è stata praticamente incomprensibile. Tressoldi (2011: 1) ha descritto l’ECREE come un’affermazione che “è il cuore del metodo scientifico e un modello per il pensiero critico, il pensiero razionale e lo scetticismo ovunque”. Tuttavia, nello stesso paragrafo l’autore ammetteva l’impossibilità di definire oggettivamente il termine “straordinario”. Ha ammesso che “le misure di ‘evidenza straordinaria’ sono completamente affidate alla valutazione soggettiva” (Tressoldi 2011: 1). È chiaramente impossibile basare tutto il pensiero razionale e la metodologia scientifica su un aforisma il cui significato è interamente soggettivo.
L’invocazione dell’aforisma ECREE tende a confondere più che a chiarire. Domande importanti rimangono senza risposta. Qual è la natura di un’affermazione straordinaria? Cosa si qualifica come prova straordinaria? Dovrebbero esistere due standard di prova nella scienza? Esiste un contesto in cui l’ECREE può essere invocato correttamente? Nella discussione che segue sostengo che il vero significato e la corretta invocazione dell’ECREE possono essere compresi se si rintracciano le sue radici storiche.
Carl Segan e il paranormale
L’attuale popolarità dell’ECREE ha origine con la sua comparsa nel libro Broca’s Brain (1979: 62) del defunto astronomo Carl Sagan. L’invocazione originale dell’ECREE da parte di Sagan avveniva in gran parte nel contesto della discussione sulla validità di fenomeni paranormali come la levitazione, le visite sulla Terra di astronavi aliene, le proiezioni astrali e l’affermazione che le lame di rasoio conservate nelle piramidi mantengono il loro filo più a lungo. Sfortunatamente, Sagan non ha definito esplicitamente cosa costituisca un’affermazione straordinaria o una prova straordinaria.
La stessa invocazione del termine paranormale solleva un problema, poiché la differenza tra fenomeni normali e paranormali contiene necessariamente un certo grado di ambiguità. L’Oxford English Dictionary definisce il termine paranormale come “che designa presunti eventi e fenomeni psichici come la chiaroveggenza o la telecinesi, il cui funzionamento è al di fuori dell’ambito delle leggi della natura conosciute o della normale comprensione scientifica”.
C’è una profonda differenza tra “eventi e fenomeni” che si collocano “al di fuori della portata” delle leggi della natura e quelli che sono semplicemente al di là della “normale comprensione scientifica”. Tutto in natura era originariamente “al di là della normale comprensione scientifica”. Inoltre, concentrarsi sugli aspetti dei fenomeni che non sono completamente compresi è la chiave del progresso scientifico. Secondo le parole di Thomas Kuhn, “la scoperta inizia con la consapevolezza dell’anomalia” (1996: 52). La storia dell’astronomia ne offre un esempio. Il moto retrogrado di Marte e le variazioni del suo diametro apparente furono, un tempo, una sfida al sistema tolemaico. La considerazione di queste anomalie fu uno dei fattori che portarono all’adozione del modello eliocentrico.
Un’affermazione di levitazione o telecinesi viola apparentemente le leggi della natura. Ma anche questa categoria contiene ambiguità. Le leggi della natura non sono altro che generalizzazioni induttive basate sul corpo di prove accumulate a disposizione della scienza. Tuttavia, non disponiamo mai di tutti i dati. Man mano che le nostre osservazioni aumentano di precisione o di numero, possiamo scoprire che la natura opera in modo diverso da come avevamo ipotizzato in precedenza.
Per più di due secoli la meccanica newtoniana è stata considerata una descrizione accurata della natura. Ma nel XX secolo si è scoperto che la meccanica classica si rompe a velocità relativistiche. A meno che non fosse informato diversamente, un individuo che avesse trascorso tutta la vita in un clima tropicale avrebbe considerato l’affermazione che l’acqua potesse trasformarsi in un solido come un’affermazione straordinaria che violava le leggi della natura a lui note. Mentre è relativamente facile valutare l’entità delle nostre conoscenze, è difficile scandagliare le profondità della nostra ignoranza.
È dubbio che Sagan avrebbe approvato l’uso dell’ECREE per screditare la ricerca sui fenomeni anomali. Era aperto all’indagine scientifica dei fenomeni anomali e paranormali. Carl Sagan ha definito la ricerca di Ian Stephenson (ndt Stevenson) sulla reincarnazione come meritevole di “ulteriori indagini” e quindi deve aver considerato il concetto plausibile (1979: 48). Sagan (1979: 59) considerava la “freddezza scientifica e l’opposizione alla novità” un problema “tanto quanto la credulità del pubblico”.
Organizzò conferenze dell’American Association for the Advancement of Science dedicate agli UFO e alla valutazione delle teorie di Immanuel Velikovsky. Sagan (1979: 62) riteneva che “lo straordinario dovrebbe essere certamente perseguito”, con “ogni questione” da “giudicare in base ai propri meriti”. Ma ha anche insistito sul rigore del metodo scientifico, concludendo che “l’onere della prova dovrebbe ricadere interamente su coloro che fanno… proposte” (Sagan 1979: 62).
La natura della prova
Un’affermazione più estrema dell’ECREE è stata proposta da Marcello Truzzi. In una lettera pubblicata sulla rivista Parapsychology Review, Truzzi avanzò la proposta che “un’affermazione straordinaria richiede una prova straordinaria” (1975: 24). In seguito ha approfondito le implicazioni di questa affermazione in un articolo pubblicato su Zetetic Scholar (1978).
La definizione di straordinario data da Truzzi è di scarso aiuto. Egli afferma che “qualcosa è straordinario quando è inaspettato” (Truzzi 1978: 14). Ma “inaspettato” non è una quantità oggettiva che può essere misurata. È una reazione psicologica soggettiva sperimentata da un osservatore. Truzzi lo ammette quando conclude che “il grado in cui ciascuno di noi può essere sorpreso da un evento strano è piuttosto relativo alla propria esperienza e al proprio background” (1978: 15). Definendo “straordinario” in termini di “aspettativa”, Truzzi ha semplicemente sostituito un termine ambiguo con un altro.
Anche la richiesta di Truzzi di una “prova” è problematica. La parola “prova” di solito non viene usata nel contesto della scienza. La scienza si occupa di corroborazione e falsificazione (Popper 1959). Ma la questione non è così chiara. Non esiste un manuale standard di procedura scientifica o regole metodologiche chiare. Ogni scienziato, in effetti, si inventa le proprie regole. L’accettazione o il rifiuto della conoscenza scientifica non dipende solo dalla ripetibilità o dalla corroborazione, ma anche da un processo umano di accettazione sociale.
Il significato della parola “prova” dipende dal contesto. Esistono prove legali, prove matematiche e prove logiche. Il succo è che il concetto di prova, in vari contesti, riguarda “prove o argomentazioni che stabiliscono un fatto o la verità di qualcosa” (Oxford English Dictionary 2016). Una scienza è un metodo progettato per produrre una conoscenza affidabile. Gli scienziati cercano la verità. Ma la verità stessa è difficile da definire. Il concetto di verità è stato attivamente discusso e dibattuto dagli epistemologi per oltre 2.000 anni. Come sostenevano gli scettici di Pirro nel III secolo a.C., ogni criterio di verità deve essere a sua volta convalidato da un criterio di verità, all’infinito (Diogene Laerzio 1905: 415). Ogni tentativo di ottenere una definizione oggettiva apre necessariamente altre porte e rivela nuove difficoltà.
Il concetto di prova in un contesto giuridico può richiedere solo una probabilità, una preponderanza di prove. Ma quando la parola “prova” viene invocata in senso filosofico, di solito connota una certezza assoluta. Una “prova” in filosofia naturale è ciò che gli antichi greci avrebbero chiamato “dimostrazione”, una conclusione deduttiva derivata per analogia dalla tecnica utilizzata in geometria (Deming 2010: 17). La parola “dimostrazione” di solito non viene usata in un contesto scientifico perché non ci può essere certezza in un sistema di conoscenza empirico. Ciò è stato stabilito dai filosofi greci presocratici già nel V o VI secolo a.C..
Estrarre palle dalle urne
Un serio predecessore filosofico di Sagan fu Pierre-Simon Laplace (1749-1827). In A Philosophical Essay on Probabilities, pubblicato per la prima volta in francese nel 1812, Laplace osservava che “quanto più straordinario è l’evento, tanto più è necessario che sia sostenuto da prove solide” (1902: 17).
Laplace era più attento di Sagan, in quanto prevedeva la necessità di definire cosa rende un evento “straordinario”. Laplace definì gli eventi “straordinari” in senso probabilistico come “quelle classi che comprendono un numero molto piccolo” (Laplace 1902: 17). Egli propose l’esempio di un’urna contenente un milione di palline, tutte di colore bianco tranne una che era nera. Se un’estrazione casuale dall’urna producesse la pallina nera, questo si qualificherebbe come un evento improbabile e quindi “straordinario”.
L’estrazione di palline da un’urna è familiare a tutti gli studenti di teoria della probabilità. I matematici usano questi esempi perché il calcolo delle probabilità è semplice ed esatto. Ma non è mai così nelle scienze empiriche. I nostri dati sono sempre incompleti e imprecisi. Non conosciamo la natura delle palline nell’urna, né come il processo di estrazione di una di esse possa essere influenzato da fattori che esulano dalla nostra conoscenza. Caratterizzare un’osservazione o un’affermazione come “straordinaria” senza dati di supporto non fa altro che presumere ciò che deve essere dimostrato. Pertanto, Laplace non ci aiuta molto a comprendere il contesto appropriato dell’ECREE nelle scienze.
Prove ordinarie e straordinarie
Screditare i miracoli
La visione che si aveva nei secoli bui del naturale e del soprannaturale e delle loro proporzioni relative nella prospettiva della vita, era esattamente l’opposto di quella degli uomini intelligenti dei tempi moderni. Per noi l’universo materiale ha assunto l’aspetto di un ordine; all’interno dei suoi limiti i fenomeni sembrano seguire modalità di comportamento definite, sulle cui prove è stato costruito un corpo di conoscenze scientifiche… L’atteggiamento di Isidoro e del suo tempo è esattamente opposto al nostro. Per lui il mondo soprannaturale era quello dimostrabile e ordinato. I suoi fenomeni, o quelli che si supponeva fossero tali, erano accettati come validi, mentre non si attribuiva alcuna importanza alle prove offerte dai sensi per quanto riguardava la materia…. è evidente, quindi, che se confrontiamo la visione dogmatica del mondo del pensatore medievale con quella, più incerta, dello scienziato moderno, bisogna tener conto del fatto che essi prendono in mano l’universo alle estremità opposte. I loro piani sono così fondamentalmente diversi che è difficile esprimere il significato dell’uno nei termini dell’altro (Brehaut 1912: 51).
Prima dell’era cristiana, anche i Greci e i Romani erano notevolmente superstiziosi. George Sarton ha definito la loro “ferma credenza nella divinazione” come “la superstizione più importante dell’antichità classica” (1960: 464). Le storie di Alessandro Magno (356-323 a.C.) di Arriano (86-186 d.C. circa) e Diodoro Siculo (I secolo a.C. circa) sono piene di casi ripetuti di personaggi importanti che traggono serie deduzioni da presagi superstiziosi.
Prendere decisioni importanti sulla base di una superstizione poteva avere conseguenze devastanti, fino a paralizzare un’intera comunità. Nella notte del 27 agosto 413 a.C., un’eclissi di luna impedì alla flotta ateniese di fuggire da Siracusa. In seguito, gli Ateniesi subirono una sconfitta completa per mano dei Siracusani e il potere ateniese fu spezzato per sempre (Grote 1899: 147-151).
Anche la cultura romana era preoccupata dalle credenze superstiziose. In Declino e caduta dell’Impero romano, Edward Gibbon descrive i Romani come posseduti da “una superstizione puerile che disonora la loro comprensione” (1909: 318).
Ascoltano con fiducia le predizioni degli aruspici, che pretendono di leggere nelle viscere delle vittime i segni della futura grandezza e prosperità; e ci sono molti che non presumono di fare il bagno, o di cenare, o di apparire in pubblico, prima di aver diligentemente consultato, secondo le regole dell’astrologia, la situazione di Mercurio e l’aspetto della Luna (Gibbon 1909: 318).
Con l’affermarsi dell’empirismo durante il Rinascimento, le credenze superstiziose cominciarono a diminuire. L’abbraccio europeo dell’empirismo era in contrasto con il punto di vista comune dei filosofi greci. Nel Teeteto, Platone cita Socrate che afferma: “nessuno sa se ciò che appare a lui è uguale a ciò che appare a un altro, e tutti sanno che ciò che appare a se stesso in un modo in un momento gli appare diversamente in un altro” (Burnet 1920: 239). Secondo Platone, nulla di ciò che riguarda i sensi o l’osservazione può essere oggetto di conoscenza scientifica. “Se un uomo scruta il cielo o batte le palpebre per terra, cercando d’imparare qualche particolare del senso, negherei che possa imparare, perché nulla di questo genere è [una] materia di scienza” (Platone 1937: 789).
Il metodo sperimentale era noto agli antichi greci, ma i loro esperimenti tendevano a essere limitati e aneddotici piuttosto che sistematici. La sottomissione della ragione all’osservazione iniziò in Europa nel XIII secolo. Ruggero Bacone sosteneva che “il ragionamento non è sufficiente, ma lo è l’esperienza” (Bacone 1928: 583). Il suo Opus Majus conteneva un’intera sezione dedicata alla scienza sperimentale. Uno dei motivi per cui gli europei si rivolsero all’empirismo fu la contemplazione delle proprietà del magnete. L’esistenza delle pietre di loden suggeriva che la natura conteneva forze e proprietà occulte che non potevano essere comprese con il solo ragionamento logico. Bacone concluse che le sole prove razionali erano insufficienti perché “tutte le cose devono essere verificate dall’esperienza” (1928: 584).
L’argomento di Middleton è apparentemente un’argomentazione speciale. Ma la chiusura dell’età del miracolo è coerente con la chiusura dell’età della rivelazione. Nel giudaismo, nel cristianesimo e nell’islam, l’età della profezia è considerata conclusa e le rivelazioni dei profeti sono considerate definitive e complete. Era quindi logicamente coerente sostenere che anche l’epoca dei miracoli fosse conclusa.
Tra coloro che attaccarono la credibilità del miracoloso c’era l’editore dell’Encyclopédie francese, Denis Diderot. Diderot abbracciava lo scetticismo, metteva in dubbio l’autenticità del cristianesimo e propendeva per l’ateismo. Rifiutò la realtà dei miracoli, concludendo che “tutti coloro che hanno visto i miracoli hanno deciso di vederli” (Diderot 1916: 61).
Il più significativo degli attacchi illuministi alla realtà dei miracoli fu il saggio Sui miracoli (1748) dello scrittore scozzese David Hume. È nel saggio di Hume che troviamo una caratterizzazione definitiva dell’ECREE come bilanciamento delle prove. Se “il fatto… ha dello straordinario e del meraviglioso… l’evidenza… riceve una diminuzione, maggiore o minore, in proporzione al fatto più o meno insolito” (Hume 1748: 179).
Hume spiega che ci deve essere “una competizione tra due esperienze opposte” (1748: 179). I miracoli richiedevano prove straordinarie perché, per definizione, un miracolo era “una violazione delle leggi della natura; e poiché un’esperienza solida e inalterabile ha stabilito queste leggi, la prova contro un miracolo, dalla natura stessa del fatto, è tanto completa quanto può essere immaginato qualsiasi argomento basato sull’esperienza” (Hume 1748: 180).
Conclusioni
Link di interesse
Enzo Barone
«Ci sono molte buone ragioni per avere paura del buio.» - Fright Night, 1985