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Rispondi a: Il diavolo è il diavolo o… è l’uomo?.

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Anonimo
Inattivo

Aldilà della relatività giustamente evidenziata da Raenset di bene e male, io credo che il male universale, cioè considerato tale praticamente da ogni cultura al mondo, sia il provocare del dolore agli altri senza avere la capacità di immedesimarsi nello stato di sofferenza dell’altro. O, peggio, trarre piacere dalla sofferenza altrui.
In entrambi i casi penso che alla base di questa condizione ci sia un problema, un disturbo, una patologia, che impedisce alla persona di autolimitare il proprio istinto distruttivo. Che abbiamo tutti, attenzione. Tutti abbiamo in noi stessi una forza aggressiva, distruttiva (etero ed autodistruttiva) che è un istinto che hanno sia gli umani che gli animali e che deriva dalla competizione e dalla volontà di sopravvivere. Quando però questa distruttività viene sfogata senza mediazione, senza controllo, senza “ragione” e senza capacità di immedesimarsi nell’altro, direi che ci sia stato un problema nella crescita dell’individuo che gli ha impedito di armonizzare le varie parti di sé.
Parlare del diavolo, a mio avviso, è solo un modo per assolvere l’uomo. L’istinto distruttivo è parte di noi. Dargli forma di un’entità esterna e dotata di una volontà propria è solo un modo per giustificare una bruttura inaccettabile dentro se stessi.

Come qualcuno ha accennato sopra, il tutto è ovviamente collegato con la questione dell’imperfezione, non solo dell’uomo, ma del mondo. L’aggressione e la distruzione sono una conseguenza della condizione di vulnerabilità di tutti gli esseri (anche animali) di questo mondo. Se vivessimo in un mondo in cui la vita fosse eterna, tutti gli esseri fossero immortali, non esistessero malattie, disgrazie, sofferenze, paure, ecc… probabilmente nessuno avrebbe motivo di aggredire nessuno perché nessuno si percepirebbe come minacciato e vulnerabile.