@Alceste, Snakebite e Jack_Thanatos
Dato che la persona in questione ha iniziato prendendosela con me, mi sembra giusto che anche io dica la mia.
Lo farò alla vecchia maniera: postando due insegnamenti ricevuti in scrittura automatica dalla carissima medium (Teresa) che purtroppo non è più tra noi.
Il primo è di Tommaso (il marito) e il secondo è una poesia di Giggetto, entranbi ricevuti tra il 2000 e il 2001.
Ho ritenuto opportuno postarli in quanto rendono MOLTO chiaramente il concetto, sottolineando spesso quanto da voi scritto in questo topic.
Spero la cosa sia gradita
Le menzogne della Chiesa
Il concetto umano di Giustizia Divina è ciò che di più falso abbiano saputo inventare le religioni, inculcando nell’essere, specialmente in prossimità del suo trapasso, il terrore del Giudizio Finale. Un Dio spietato, che giudicasse e condannasse severamente la più lieve mancanza, sarebbe un Dio avaro di amore anche nei confronti delle sue creature meno colpevoli; in realtà, le storie più o meno fantasiose, imbastite ad arte a supporto e corollario di ogni religione, furono inventate, corrette e ricorrette e tramandate mano a mano, a misura delle varie epoche e dello sviluppo intellettivo di coloro che principalmente le divulgarono.
Molte, quindi, furono le manomissioni, le interpretazioni personali e moltissimi gli artifizi dei capi carismatici, atti a soggiogare e a rafforzare il loro potere sulla povera gente, ignorante e spaventata… e questo abominio, si perpetua attraverso i secoli!
L’unica verità indiscutibile, che accomuna tutti i Credo, è l’esistenza di un Sommo Creatore, Luce Infinita e Padre del Tutto; le diverse nomenclature, le diverse e talvolta risibili leggende, niente mutano di questa verità! Ti assicuro che la Giustizia Divina è tutto, all’infuori che sinonimo di crudele punizione.
La giustizia di qui, non abbisogna di supremi Giurì, di processi, di assoluzioni o condanne; nessuno, qui, è mai stato tradotto davanti un tribunale, ma semplicemente esortato a una serena revisione dei propri atti, dei quali egli stesso sarà l’UNICO GIUDICE!
Mi è concesso, al proposito, di rivelare che in un tempo ormai molto lontano, in un lontano Paese, esercitai anch’io il mestiere del giudice e le mie origini e la mia vita adamantina, mi facevano ritenere presuntuosamente di essere al di sopra di tutto e di tutti, senz’ombra di corruzioni, di magheggi, di compromessi; ma in realtà, ero affetto dal culto della coscienza trasparente e dall’ossessione di dovere drasticamente ripulire le società.
Ero, perciò, temuto e odiato, mentre il ragazzo che un giorno processai sotto l’accusa di omicidio, era commiserato un po’ da tutti.
Il fattaccio era accaduto in pieno giorno, sulla piazza principale della città, dove il ragazzo era uso sostare all’ombra o al sole conforme le stagioni, nell’attesa, spesso vana, che qualcuno gli offrisse qualche lavoretto. Aveva vissuto così precariamente, quasi fin dalla nascita, e soltanto gli anziani ricordavano i suoi genitori, entrambi dediti all’alcool e con gravi carenze psichiche.
Anche lui non ragionava troppo bene e spesso lo si vedeva colloquiare con un amico invisibile o piangere disperatamente o ridere di niente, ma era assolutamente inoffensivo e mite.
Lo scontro, col forestiero che s’era divertito a offenderlo e beffeggiarlo, era durato lo spazio di un lampo e i presenti non avevano fatto in tempo a intervenire, perché il forestiero era piombato a terra come un sacco vuoto. Avrei potuto, non dico assolverlo, ma tenere conto delle tante attenuanti… invece lo condannai e fu la pena capitale! Invano, molti cittadini operarono in suo favore; invano, una fiumana di gente si riversò, gridando la sua protesta, fin sotto le mie finestre.
Rivedendo lo scampolo di quella mia esistenza, ho provato un acuto dolore, specialmente alla sequenza del processo, alla fine del quale ho rivisto il volto sgomento di quel ragazzo e ho riudito il suo grido, di terrore e di rabbia: “Un giorno sarai tu, a piangere! Un giorno sarai tu, a chiedermi perdono!“
Teresa, oh mia Teresa! Qui l’ho ricercato, l’ho ritrovato, gli ho trasfuso il mio pentimento e la mia vergogna, ma mi ha detto che già aveva perdonato!
Certe esecrabili condanne in questa dimensione non sono giustificate, nemmeno i capi più spietati di tante milizie sanguinarie, sono destinati a essere condannati eternamente, ma prenderanno coscienza, poco a poco, dei loro atti criminosi e della necessità, questa sì, di ripararli. Forse ribatterai che un delitto resta sempre un delitto e che è giusto soppesarlo come tale, secondo la legge del taglione; morte per morte! Non è ugualmente un delitto arrogarsi il diritto di stroncare la vita di qualcuno, fosse anche la più piccola delle bestie? È delitto. È vendetta!
Mi è stato concesso di narrare questo episodio, per meglio farti comprendere lo scopo reale, il più importante, delle mie dettagliate, insolite comunicazioni.
Ciò che ti ho trasmesso fino a ora, è un sunto di cose che sono già di tua conoscenza e se i miei interventi si limitassero qui, non sarebbero giustificati, ma ti sarai resa conto che, fra tante generiche nozioni, io non manco, se posso, di fare filtrare altri concetti, che compendiano le mie personali esperienze, anche se mai finirò di ribadire che moltissimo mi resta da apprendere, ma il mio spirito non progredirà ulteriormente finché la mia mente spirituale non diverrà definitivamente neutra.
Tommaso
Vojo chiari’
Ho detto peste e corna de le sòre
de li preti e frati, in generale
ma nun vor dì che sparlo der Signore
e de Cristo… ch’è mòrto tanto male!
Io sparlo de l’ipocriti e li scartri
che maschera, la tonaca, pe’ bene
ingannanno, cossì, tutti voantri
che scambiate l’agnelli co’ le jene!
Contanno li concetti ereditati
ma ancor validi pe’ la genterella
veramente ce so’ moniche e frati
che poco cianno drento la scodella
…ma se conteno su ‘na mano sola!
Se conoscheno da li vestimenti
e po’, da l’umirtà de la parola
e nun cianno le macchine imponenti!
Li tanti, invece, ch’ereno a San Pietro
che so’ vissuti propio ar tempo mio
quanno che ar Papa stavo sur de retro ***
oh, quante nefandezze, santiddio!
Li libri de la Storia fanno testo
spiegannove le cose der passato:
le condanne a morte e tutto er resto,
che sta su la coscienza der Papato
Peccaveno… e io, insieme a essi:
e chi arubbava la beneficienza
e chi nun disdegnava compromessi
e chi, adoperanno la potenza
der titolo e de la persuasione
più vorte se faceva scardà er letto
(naturarmente, po’, l’assoluzione!)
da quarche sòra o dar chierichetto!
E nun va mejo, mo, statene certi
co’ tutta la politica e li giochi
e li vizietti sempre ben coperti
(li “San Luigi”, là, so’ sempre pochi!)
Io penzo che, se Cristo, tornerebbe
su la Tera, cossì, tutto d’un tratto
de certo credo che nun morirebbe
‘n’artra vorta pe’ l’omo. Mica è matto!
Giggetto
*** Giggetto si riferisce ad una sua vita precedente, quando rivestiva i panni di Mons. Albenio Gritti