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La cultura della morte (Lucia)
Ogni essere incarnato, anche se legato a molti suoi simili o da vincoli di sangue o da affinità caratteriali o da un qualsiasi ideale, a livello interiore qualifica la propria esistenza del tutto individualmente, poiché, anche se indotto a scelte ed esperienze similmente comuni, diverso sarà il fruttato, positivo o negativo, che tali esperienze gli apporteranno conforme allo sviluppo del suo sentire. Quindi, come un artista, ciascun essere interpreta l’opera della vita secondo il proprio talento e la propria sensibilità e, come ogni vita è una storia a sé, ogni morte è una storia a sé.
Per esempio, vi sono persone che si macerano per mesi, addirittura per anni, in mille sofferenze prima di trapassare, e ve ne sono altre, affette dalla medesima patologia, nelle quali il male viene diagnosticato soltanto all’ultimo stadio per mancanza di sintomi rilevanti, ragion per cui, pur destinati alla medesima fine, è come se a queste ultime sia stata abbonata la maggior parte della via Crucis.
Perché tale privilegio? Un’ingiustizia? No, è il risultato delle leggi karmiche in relazione a quanto ciascuno ha già preso e gli resta da prendere, a quanto ha già pagato e gli resta da pagare, dal momento che il dolore, fisico o morale che sia, è la moneta più valida nella dimensione dello spirito.
Comunque non sempre è vero, com’è credenza diffusa, che alle creature migliori è riservata una morte repentina. Considerando l’evento dal punto di vista puramente umano, riflettete per un momento, su chissà quante questioni insolute può lasciarsi dietro una persona che finisca così imprevedibilmente, e considerate inoltre lo sconvolgimento emotivo e pratico dei superstiti, posti brutalmente di fronte ad una perdita del genere; anche per costoro, si tratta di una conseguenza karmica.
A questo punto, ragionevolmente, vi chiederete chi soffra di più: colui che trapassa dopo un penosissimo, lunghissimo travaglio, o colui che trapassa nel giro di qualche istante? È indubbio che soffre molto di più colui che sperimenta un martirizzante declino, anche perché alla concreta, dilaniante sofferenza della carne, si accompagna inevitabilmente un completo e complesso caos mentale; più egli si avvicinerà al momento estremo, più le sue resistenze fisiche e psichiche si allenteranno, più sentirà attenuarsi ogni sorta di sofferenza e di angoscia, anelando, invocando invece la morte come un assetato agogna una fonte che estingua l’incendio delle sue viscere. Per lui, davvero la morte giungerà e significherà liberazione!
È altrettanto indubbio che colui che muore all’improvviso soffra assai relativamente al confronto, ma non essendo preparato né il suo involucro materiale, né tanto meno il suo mentale a tale evento, il suo sgomento sarà grandissimo nel ritrovarsi immerso e facente parte di una realtà tanto inimmaginabile alla quale, magari non ha mai creduto, e soprattutto nel rendersi contemporaneamente consapevole, che dovrà forzatamente rinunciare a tutto ciò che ancora giudica valori assoluti e primari, a tutto ciò che gli procurava benessere, stimoli interessanti, gratificazione fisica e psicologica.
Questa povera creatura, allora cade spesso in una specie di stato depressivo, che non è raro si tramuti in un vero e proprio eccesso di ribellione; una ribellione impotente, che la porta a scaricare la sua rabbia nell’unico modo che gli consente la grossolanità delle scorie che continuano ad avvolgerla, e che la inchiodano nelle melme vischiose delle passioni terrene, come una bestia che si dibatte in una terribile agonia, prigioniera di una distesa di sabbie mobili. Ed ecco da qui il perché del Poltergeist, le infestazioni, le farneticanti comunicazioni spiritiche, che tanto destabilizzano e terrorizzano.
L’uomo, può evitare questo tramite la vera cultura della morte; cultura della morte che significa imparare ad accettare il prima possibile, e quindi già nella prima infanzia, la sua ineluttabilità come ogni altro evento naturale, che significa il pensarla e il discuterne con estrema serenità e disinvoltura, non considerandola lo spaventoso tabù, che quasi tutti evitano persino di nominare, che significa soprattutto affinare, rafforzare ed espandere lo spirito, scoprendo anche col supporto di qualsiasi fede, la VERA ragione dell’esistenza terrena, la VERA realtà di un’altra esistenza nell’Oltre! Oh fratelli, non vivete nel continuo terrore di dover morire, ma nel continuo apprendimento e nell’attuazione di una vita migliore! Tutto ciò che è, non muore definitivamente, ma si trasforma, fratelli!
Ribadisco la meravigliosa sensazione di libertà che provai io stessa, allorché m’involai, al fianco di Nica, al di sopra dell’universo tutto. Nica rideva soddisfatta della mia sorpresa, della mia gioia, gli spazi siderali mi sembrarono allora piccola cosa al confronto del mio immaginario terreno, e tutto era alla mia portata; tutto io ero in grado di scoprire e di osservare nei minimi dettagli.
Non potete neppure lontanamente supporre per esempio, cosa sia un solo fiore o una foglia, che magari strappate disinvoltamente, insensatamente, con gestualità da automa, eppure, quel fiore e quella foglia, al quale tanto poca importanza date, sono veri e propri miracoli, pulsanti e vividi di vita, di vibrazioni, di colori; sono i risultati della sconvolgente suprema Alchimia Divina. Nessuna mano dovrebbe reciderli! Lasciateli sbocciare, sviluppare in tutto il loro splendore ed il loro effluvio, che sono dono e gioia destinati anche a voi; godetene ampiamente, consapevolmente, ma poi, fate loro un dono altrettanto generoso, altrettanto grande: lasciateli sfiorire, appassire sulla pianta, sotto il cielo!
Lucia