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ho trovato questo, ma non sono 1 esperto neanke io..
Nell’Antico Testamento incontriamo vari profeti scrittori (quali Isaia, Geremia, ecc.); tuttavia anche i libri della storia di Israele (1-2Sam; 1-2Re) ci narrano di altri profeti i quali, in varie epoche, sono stati le anime religiose e sociali del popolo di Dio. Tra questi ultimi spicca la personalità così vera e l’azione energica del profeta Elia, di cui si parla a sprazzi nei capitoli che vanno da 1Re 17 fino a 2Re 2.
Elia è il profeta del Dio vivente: il suo nome stesso, che significa: “Jhwh è Dio”, è il vero programma della sua vita. È davvero uno dei più grandi uomini dell’Antico Testamento: l’uomo che sta alla Presenza del suo Dio. Lo zelo (cioè l’ardore) è il tratto essenziale della sua fisionomia e il suo simbolo il fuoco (Sir 48, 1).
Aprendo la Bibbia nel libro dei Re, non possiamo leggere una sua biografia non in senso stretto del termine, ma la sua vita di profeta di Dio che agì ai tempi di Acab (874-853 a.C.), re dell’Israele del Nord, che si era separato da oltre un secolo dal regno meridionale di Giuda.
Come ogni profeta, Elia è chiamato a parlare di Dio in un contesto ben preciso pieno di ingiustizie sociali a danno dei più poveri ove la Religione dei Padri viene minacciata da un’altra religione cananea chiamata anche baalismo. Si tratta di una religione che celebra i ritmi della natura e della fecondità vegetale e animale, una religione elementare e senza impegno, che prevede determinati riti ma non un’etica: insomma, una chimera molto allettante (cfr 1Re 16).
L’azione del profeta Elia è contemporaneamente volta a salvaguardare la supremazia di Dio, ma anche i diritti dell’uomo, che è sua immagine e somiglianza (Gen 1,26). In più, Elia ha una personalità irruente, poco incline ai compromessi, un profeta che disturba.
Porta un messaggio molto rivoluzionario e originale, che si comprenderà meglio però alla conclusione della sua stessa vicenda.
Il racconto biblico lo fa apparire, più di una volta, quasi all’improvviso, come una folgore, per trasmettere la parola di Dio (1Re 17).
Le parti si sono quindi schierate: Elia ha scelto di stare con Dio, nonostante questo lo costringa a fuggire le guardie del re (17,2-6). Il profeta riceve da questa sua comunione con Dio il potere dei miracoli, alcuni ricordati dal narratore in 17,7-24.
La memoria di Elia fu tenuta viva in modo particolare sul Monte Carmelo, dove si scelse di seguire il Dio di Israele. Secondo il racconto (1Re 18), il sacrificio di Elia, consumato dal fuoco proveniente dal cielo, ha mostrato al popolo che Yahweh era il vero Dio.
Elia è anche l’uomo in crisi. Dopo il sacrificio del Carmelo scappa fino a confrontarsi con se stesso, con Dio e con gli altri sul monte di Dio, l’Oreb (1Re 19). Qui, l’Elia irruente e inossidabile mostra la sua umanità vera, lontana dai riflettori della vita pubblica (vv 1-. Nonostante la sua fatica, il popolo non mostra di convertirsi a Dio, mentre la regina ha giurato morte al suo nemico. Il profeta ha quindi paura di morire, ed è stanco e depresso (”non sono migliore dei miei padri”): il grande eroe crolla dentro.
Dentro questa situazione Dio gli appare e gli parla (vv 9-18). Gli si fa vicino in modo nuovo, non con simboli eclatanti (il vento, il terremoto e il fuoco, che piuttosto si addicono al carattere deciso di Elia uomo delle folle), ma nel segno di una brezza leggera. Elia viene ricondotto al silenzio, ad ascoltare una Parola che gli viene dall’Alto, e questa Parola serena e seria conduce il nostro amico, depresso e chiuso in se stesso, ad aprirsi di nuovo a Dio. La Parola anzitutto lo rimprovera (vv 9 e 13: “Che fai qui?” = il tuo posto è in trincea, non nel deserto!), e poi lo rilancia in avanti affidando-gli tre incarichi, e poi ancora lo conforta riconducendolo alla realtà (che egli, depresso, non era più in grado di vedere): non è vero che tutti si sono messi con Baal, un resto è rimasto fedele, e per que-sto la storia di Israele con il suo Dio rimane aperta. Elia è il profeta pieno, che non solo parla di e per Dio, ma anche con lui.