L'argomento è molto interessante. Anche quando si analizza la natura da un punto di vista scientifico, non si può fare a meno di notare una certa "forza", nella natura, che spinge verso l'esistenza, la sopravvivenza, l'evoluzione.
La domanda più semplice, in apparenza banale, ma assolutamente illuminante, che si sono posti i filosofi è:
"Perché tutta questa tensione verso l'esistenza e la sopravvivenza? Perché tutte le forme di vita, a partire dagli organismi unicellulari, usano tutti i mezzi a disposizione per resistere agli attacchi esterni, per sopravvivere e moltiplicarsi in modo da propagare la propria specie?" E' la legge della sopravvivenza, direte voi... ma la domanda ancora più basilare è:
"Chi ha stabilito che l'esistenza sia meglio della NON ESISTENZA? Da un punto di vista puramente concettuale non c'è ragione per cui sia meglio che qualcosa esista piuttosto che non esista. Vi sembra assurdo? Provate a rifletterci.
La vita si batte per la vita, ma se tutto fin dall'inizio avesse avuto una tensione contraria, verso l'estinzione totale di qualunque essere e qualunque cosa, anzi non verso l'estinzione, ma verso la non nascita e la non evoluzione di nulla... che problema ci sarebbe? Nessuno, ci sarebbe il vuoto totale. Vuoto ed assenza di tensioni, di desideri, di emozioni, di problemi. In pratica l'universo stesso non sarebbe esistito.
Quale vantaggio ha l'esistenza dell'universo intero piuttosto che la sua non esistenza?
Per tornare alla domanda delle leggi matematiche e dell'universo retto da tali leggi, a volte mi viene da credere che ciò che chiamiamo Dio, potrebbe essere proprio questo: una sorta di "intelligenza" non personale, non intenzionale, chiamiamola così, un ordine che pervade l'universo e che ne detta anche la direzione generale verso l'esistere piuttosto che il non esistere. Ma non chiedetemi perché.